Io sono invulnerabile. E visto che l’invulnerabilità è un super potere, sono un super eroe. Non lo dico per vantarmi, vantarsi di qualcosa con cui si è nati è inutile, ma per presentarmi. Eccomi qua: sono un super eroe. Non uno di quelli con la maschera sul volto che sventano rapine, no. Di quel tipo siamo pieni. Batman, Daredevil, Capitan America, Ironman, Flash, Super Pippo e Paperinik. Sulla mia faccia non c’è una maschera, anzi, a volte credo non ci sia nemmeno la pelle. Sono l’unico invulnerabile senza corazza, sanguino e in quel momento sono invulnerabile.
Perché sia chiaro: sono invulnerabile anche quando piango. E piango spesso.

super eroeIo sono quello che passa la giornata con l’amico che ha appena perso il padre. Sono quello che ha il telefono acceso alle tre di notte. Quello che sta nella sala d’attesa del pronto soccorso. Che perde il fiato pur di non avere rimpianti. Riaccompagna a casa, si prende il colpo, discute, cade, muore e un attimo dopo è di nuovo lì. Se non è un super eroe questo, ditemi voi chi lo è. Superman? Che se gli cadesse in testa un pianoforte si metterebbe a ridere? No. Rifiuto la salvezza invincibile. Io non dico: andrà tutto bene, io mi metto di fianco a te nelle sabbie mobili e se c’è da sprofondare, sprofondo. Ti prendo per mano mentre vai contro il muro e mi ci schianto con te. Non lo faccio per il “grazie”, né per masochismo. Sono nato così: trovo che il lieto fine sia un’invenzione. L’unica sola scelta è stare vicini.

A volte il muro viene giù. Qualche volta le sabbie mobili ti portano in un altro luogo. Questo non significa che il lieto fine esista, significa solo che quella non era la fine. Per la tragedia c’è sempre tempo. Ed è questo che guadagniamo, tempo, insieme.