everyman

di Philip Roth

La vita che lentamente si appanna, la vitalità che sparisce e si allontana, il ricordo della giovinezza e della forza fisica. La malattia che inesorabile entra nel quotidiano.  Sì può scrivere un libro con questo tema centrale senza scivolare nel retorico o privando il lettore del gusto di una buona narrazione?

Sì può, anche se l’obiettivo è centrato solo in parte: Roth riesce a non essere mai retorico, a dire le cose senza essere didascalico, essendo, senza dubbio, vero. Il prezzo da pagare è un libro che non si cura di essere un libro trascinante, che non riempie di eventi una vita, anzi, la vita di ognuno (Everyman, non a caso), di scoppiettanti intrighi. Un libro non facile, privo di spensieratezza, con la parte narrativa ridotta al minimo e l’acceleratore schiacciato sul dolore, la malattia, l’ospedale e le operazioni chirurgiche che violano la perfezione del corpo.

La prima parte è una lunga salita che mette alla prova il lettore, complice un refuso che mi ha completamente distratto e fatto saltare la sospensione (ognuno ha le sue fobie, chiedo perdono).  Più bello nella seconda parte, dove l’ambientazione e il background sono ormai stabiliti e il legame con il protagonista finalmente creato. E se cercate un motivo per leggerlo, ora che avete ancora tra i venti e i quaranta anni, be’, direi che è davvero prezioso conoscere la strada.

Un libro sulla morte e la nostalgia, scritto con una grande tecnica, un libro dove non succede nulla, se non la cosa più importante di ogni vita.