Esistono regole che nessuno insegna ma tutti apprendono: non diciamo sempre quello che pensiamo, per esempio. Siamo talmente bravi che a volte evitiamo di essere sinceri anche con noi stessi. Più facile è trasgredire precetti come “Lavati i denti ogni sera” o “Metti il maglione se fa freddo” perché ricordiamo le ragioni e il fastidio nel momento (anzi, negli innumerevoli momenti) in cui ci sono stati detti e ripetuti (e ripetuti). Gli invisibili insegnamenti invece sono più subdoli: entrano nel corpo e mettono radici senza avvertire, risultano difficili da esprimere e non ricordiamo mai il momento in cui li impariamo. Anche se credo di aver capito quando una di queste regole si è incastrata dentro di me: giocando a nascondino.

Il giardino di mia nonna è sempre stato impreziosito da piante che impedivano di giocare a pallone: un posto noioso. Ma se nello stesso giardino erano nascosti i miei amici diventava un luogo fantastico (tranne per chi si nascondeva nel punto scelto dai gatti come loro esclusivo bagno, ma questa è un’altra storia). Durante il gioco il giardino appariva uguale, ma dietro un angolo spuntava il colore rosso di una felpa e nel cespuglio c’era un innesto di capelli castani. Si potrebbe spiegare così: “Quello che si vede parzialmente è più interessante di quello che si vede in tutta la sua interezza”.
Dev’essere la radice di un albero molto grande perché mi ha portato a scrivere L’orfanotrofio. Ho visto talmente tante cose nascoste dietro questa storia che non ho potuto fare altro che andare a vedere. Ho cercato lungo il cammino di lasciare le cose com’erano, un po’ come mi sarei comportato scoprendo lo scheletro fossile di un animale gigantesco, in modo che chi leggerà la strada dopo di me abbia la stessa sensazione di infinite storie e paesaggi che ho avuto io. Vi assicuro che ci sono ancora tantissimi reperti che continuerò a scavare. Vi ringrazio, intanto, per aver letto questo.

Un viso mascherato dal riflesso di un vetro; uno spettacolo nascosto dalla folla; intravedere qualcosa dietro la tenda. Come si può resistere?

[Pubblicato originariamente come Titoli di coda de L’orfanotrofio]