C’è sempre qualcosa di bestiale in una folla. Il suo movimento è liquido, ma la reazione, il modo in cui contrasta ogni ostacolo, è simile a quanto vediamo in un animale. Schiacciati all’interno della metropolitana la nostra libertà sparisce, si riduce alla percezione delle persone che abbiamo intorno. Poi il branco sale sul vagone e diventa talmente stretto da diventare “noi”, sostituendosi al singolo, ormai disperso in un luogo distante dal nostro ego e dai controllori.

bestie n2Diventare un ingranaggio è la soluzione a tutti i problemi. Meglio ancora se l’ingranaggio fa parte di un meccanismo talmente grande da non vederne i confini, perdendo così la possibilità di capire il perché delle nostre azioni. Alzare le mani e arrendersi, nient’altro. Qual è il mio ruolo? Il mio movimento? Ditemelo e lo ripeterò con la dedizione di chi ha la fortuna di non portare alcun peso sulle spalle.
Che uomini disgustosi, questi che rinunciano alla propria responsabilità di esseri viventi. Si nascondono all’interno di un mucchio di altri esseri, delegano, lasciano a qualcun altro la scelta di dove andare, con quale forza e con quale scopo. Che uomini disgustosi quelli che rinunciano a decidere il senso della loro esistenza. Senza sapere nemmeno dov’è chi decide, se quest’uomo effettivamente esiste, se fa parte del gruppo o se è all’esterno e da fuori impone senza scrupoli la strada agli altri.

Disgustosi, eppure simili a tutti noi: potremmo raccogliere ogni responsabilità, se non fossimo scivolati nell’imbuto del tempo. Le nostre possibilità si escludono l’una con l’altra. È per questo che deleghiamo il compito di stabilire le leggi, per questo votiamo sulla base di un simbolo, di un sorriso ci innamoriamo, di una nazione raccogliamo le tradizioni, le regole e le convenzioni sociali. Perfino il nostro Dio è legato al luogo di nascita. Ma possiamo forse mettere tutto in discussione? Rendere il fluire un continuo domandare? Siamo di fronte a un bivio e poi a un altro e un altro ancora, in continuazione, ogni istante: dobbiamo scegliere per sopravvivere. Se restiamo fermi è il bivio a scorrere sotto di noi. Come un uomo che corre, il cui equilibrio non potrebbe esistere da fermo. E allora ci rifugiamo nella folla di un concerto, balliamo sudati di un sudore comune, bagnati dal calore, persi, abbandonati negli altri, perché insieme agli altri siamo qualcosa di imponente, libero, furioso. Sentiamo di esistere all’interno di un animale che sa d’istinto cosa sta facendo. Poi ogni tanto qualcuno si stacca, raccoglie un masso da terra e se ne va trasportandolo sulle spalle. Sono pazzi, a volte arrivisti o inguaribili egocentrici. Bisogna averne paura o è quella la scelta da fare? Anche questo è un bivio.

[Pubblicato originariamente come Titoli di coda de I racconti della Sovrappopolazione]